La “pace americana” tra Rd Congo e Ruanda è una falsa soluzione

Il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, il 10 luglio durante la conferenza stampa delle Chiese di Africa, Asia, America Latina e Caraibi in Vaticano ha apertamente criticato l’Accordo di Washington dello scorso 27 giugno tra Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e Ruanda: evidenziando l’approccio unilaterale adottato dal presidente statunitense Donald Trump per imporre la pace tra i due Paesi.
L’alto prelato ha denunciato con forza quello che ha definito un approccio cinico e squilibrato, incentrato sullo sfruttamento delle risorse africane. «Mentre le nostre comunità rimangono private di acqua potabile, la corsa ai minerali strategici è oggi, soprattutto in Africa, alla radice della proliferazione dei gruppi armati. E di recente, avete seguito la soluzione proposta da Trump alla Repubblica Democratica del Congo e al Ruanda: Voi siete in guerra per i minerali, io, il grande Trump, arrivo, vi riconcilio… e voi mi date i minerali».
Il cardinale ha criticato in particolare l’opaco processo che ha portato all’accordo, evidenziando l’esclusione dei veri attori del conflitto. L’Accordo di Washington costituisce, per il cardinale, una «falsa soluzione», che non tiene conto della realtà sul campo né delle sofferenze delle popolazioni colpite. Ha poi affermato: «Stiamo dicendo basta. Basta con le false soluzioni, basta con le decisioni prese senza consultare tutte le parti interessate». Con questa posizione, il Cardinale Ambongo si fa portavoce di una parte della Chiesa e della società civile che chiede una pace giusta, duratura e inclusiva, lontana dalla logica del dominio geopolitico e dello sfruttamento economico. Il cardinale parla di «secoli di estrattivismo, schiavitù e sfruttamento […]. Sono chiaramente in favore della pace, sono sempre contento quando le armi vengono deposte, quando si decide comunque di porre fine alle violenze, ma quello che non va bene è l’ipocrisia».
La “pace americana” tra Kinshasa e Kigali rischia di essere solo un documento perché non affronta le cause che sono all’origine delle violenze e in particolare il ruolo dei gruppi armati come l’M23 e si obbliga, in particolare Kinshasa, a neutralizzare le Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda (un gruppo armato composto principalmente da hutu, che il governo di Kigali brandisce come una minaccia). Per il cardinale l’accordo è stato fatto nella totale assenza di consultazione delle popolazioni direttamente colpite dal conflitto ma la pace può essere duratura solo se è il risultato di un dialogo inclusivo e rispettoso delle realtà locali.
L’Accordo di Washington, così come negoziato, non soddisfa nessuno di questi requisiti. Le autorità congolesi, tuttavia, non condividono questa analisi. Sostengono la mediazione americana e vogliono che gli accordi si concretizzino. Trump da parte sua aveva dichiarato che «dopo 30 anni di guerra. Sette milioni di morti, una lotta lunga e brutale. Siamo molto lieti di essere riusciti a risolvere la questione. Credo che nelle prossime due settimane i leader di entrambi i Paesi firmeranno l’accordo finale». Sono, infatti, attesi nei prossimi giorni alla Casa Bianca i presidenti Félix Tshisekedi e Paul Kagame per finalizzare il processo di pace. È chiarissimo a tutti: se bussi alla porta della pietra e chiedi di entrare, ti risponderà non ho porta.
Credit foto: AP Photo/Andrew Medichini/LaPresse
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